La degustazione, tra purezza e abbinamento
- Elia Toni
- 2 set
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 4 set
Puristi contro golosi: due scuole di pensiero per un unico protagonista
In Italia, si sa, il cibo è una cosa seria. Direttamente dalle tavole di tutta la penisola si discute quotidianamente su dogmi gastronomici totalmente divisivi, legati a strani abbinamenti, ricette tramandate e campanilismi.
Anche nel mondo del formaggio la discussione è accesa: meglio servirlo in purezza o accompagnarlo con golosi abbinamenti?
TEAM GOLOSI:
"“Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”. Il proverbio basta da sé per spiegare come, storicamente, miele, confetture e frutta fresca abbiano fatto da compagni ideali al cacio, alimento agricolo e contadino per eccellenza.
Oggi l’evoluzione di questa tradizione porta a veri plateau scenografici: abbinamenti dolci, acidi o piccanti che esaltano i contrasti e trasformano la degustazione in un’esperienza multisensoriale.
Il ruolo del professionista diventa quello di un direttore d’orchestra: bilanciare ogni elemento per mantenere il formaggio al centro, ma amplificandone la voce. Non a caso, eventi come il Mondial du Fromage hanno consacrato questa tendenza, con presentazioni che somigliano a opere d’arte.
TEAM PURISTI:

Il famoso gastronomo Luigi Veronelli ha spesso sottolineato come la nobiltà del formaggio risieda nella sua autosufficienza sensoriale.
Secondo i puristi, eliminare il superfluo consente di apprezzarne ogni sfumatura organolettica: dal latte di partenza alla stagionatura, fino al microclima della cantina. Un approccio rigoroso che, al contempo, rafforza il messaggio culturale e comunicativo: il formaggio è protagonista assoluto.
Che tu sia un abbinatore seriale o un purista integralista, una cosa è certa: il formaggio è un racconto che merita di essere servito con passione e rispetto. In purezza o in compagnia, resta sempre il re della tavola.



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